“Prendi me, scegli me, ama me..”
Chi non ricorda questa frase ha probabilmente perso un pezzo fondamentale di storia del “romanticismo da serie tv”. Non abbiamo forse tuttə sognato ad occhi aperti con Grey’s Anatomy? Dawson’s Creek? E quelle innumerevoli serie tv che ancora oggi ci fanno credere che l’amore sia effettivamente qualcosa possibile da trovare. C’è qualcosa, però, che tra un innamoramento e l’altro mi sono chiesta:
“Quanto l’idea di non trovare l’amore ci atterrisce, ci frustra, più del fatto stesso di non averlo?”
Cosa ci rende più tristi? Il fatto di non condividere la vita con qualcuno o il fatto che rimanere soli ci fa apparire come esseri umani poco desiderabili? Cresciamo con l’idea di essere incompleti, la mancanza di un’anima che faccia al caso nostro è un tarlo con cui conviviamo mentre cerchiamo di goderci noi stessi, scoprire chi siamo, guardarci allo specchio e sentirci perfettamente a nostro agio da soli in una stanza. Cinica? No, non credo. Forse curiosa di guardare questa strana potenza che dal 1991 mi rende la vita meravigliosamente complessa (col meravigliosamente volevo sembrare meno cinica): l’amore.
Credo che il fatto che l’obiettivo primario di tuttə, senza distinzione alcuna, sia trovare la fatidica dolce metà sminuisca il caso, il naturale fluire di un incontro, ed elogi una ricerca compulsiva di questo sentimento inspiegabile che di meccanico non ha nulla. Tutto ciò che ci circonda richiama l’idea ultima di essere in due. Ma è davvero per tuttə così? O meglio, l’amore ha un significato uguale per tuttə? È veramente rilevante il numero di persone di cui ci innamoriamo?
Come “Tlon” insegna: “Viviamo nella società della performance”. Trovare l’amore è in realtà meraviglioso perché non ha bisogno di quantità per esistere, forse perde il suo senso elevato proprio quando pretendiamo di collezionarlo, preoccupandoci di non rimanere “single” per troppo tempo. Il poco che ho appreso sull’amore è che non c’è niente di peggio dell’affanno del proiettare la propria idea di amore sulle altre persone per non rimanere soli.
Perché questo accade? Forse perché cerchiamo di adattarci ad un’idea di amore universale, ben lontana dalle sfumature, dagli attimi e le piccole cose che ci rendono esseri unici, autentici. Da finta cinica ancora immersa nell’idea dell’amore romantico da serie tv sogno ancora di incontrare l’amore in una libreria, caffetteria o treno che sia e che in quei luoghi accada qualcosa di inspiegabile e crei qualcosa che rimanga nel tempo. Nel mentre, però, cerco dei modi per non rendere quel desiderio una “distorsione della realtà”. Perché più idealizzi l’amore e più diventa difficile riconoscerlo.
Forse questo accade perché il mondo è da sempre regolato da una visione dualistica, binaria, dicotomica delle cose e l’amore fa parte di questa visione. C’è chi cerca di spiegarlo, chi di capirlo, trovarne ingranaggi e soluzioni esatte, pretendendo di spiegare un sentimento fluido e incoerente che, spesso, non può rispondere ad alcuna delle nostre domande. Tutto ciò che apprendiamo si immerge in un processo di socializzazione in cui i media hanno un ruolo costante e incisivo. Questo mi ha spinto a riflettere su quanto la cultura cinematografica abbia influenzato la mia concezione di amore e mi abbia forse spinto all’idealizzazione dei rapporti amorosi. L’emulazione dell’amore perfetto ha di gran lunga aumentato le nostre aspettative, una fuga dalla realtà. Ma ci può essere una via di mezzo tra l’amore ideale e l’amore “crudo” e sacrificante che ci prospettano come altra scelta? Io penso di sì.
Così accade quando guardiamo una serie, speriamo nel finale perfetto, nella scelta perfetta, riguardiamo una scena che ci ha fatto stare bene perché questo ci dà un motivo valido per credere che possa accadere anche a noi, allontanandoci dalle imperfezioni e le delusioni quotidiane. Le nostre vite sono quasi pilotate da stimoli emotivi che interiorizziamo a tal punto da non riuscire a distinguere la realtà dalla finzione. Ci affezioniamo a personaggi fittizi che di reale hanno poco o nulla e costruiamo una realtà evasiva. Non ce ne accorgiamo ma le azioni dei personaggi che seguiamo sono sottoposte a continui giudizi sulla base di nostri bias cognitivi e aspettative. Questo non ha forse a che fare con l’idea imposta di giusto o sbagliato? Un’idea netta, inalterabile, ingabbiante a cui siamo stati abituati da bambini. Ci inseriamo in “ruoli” anche nelle nostre relazioni quotidiane e, a fronte di ciò, ci riconosciamo nei personaggi delle nostre serie preferite. Ma ci chiediamo mai se quel ruolo, invece, sia qualcosa di cristallizzato in noi e che, in fondo, non ci si addica poi così tanto? A nessuno piace fare la parte del lupo cattivo ma forse sarebbe meglio se potessimo scegliere di non finire sempre con “la ragazza o il ragazzo della porta accanto” senza che questo ci renda necessariamente delle persone miserabili e masochiste.
Non è forse questo che accade? Abbiamo solo due possibilità di scelta: bravə ragazzə o stronzə. In questi due modelli ci riconosciamo e di conseguenza cerchiamo parti opposte che ci completino. Se ci togliessimo di dosso alcuni strati e sovrastrutture potremmo scoprire addirittura di poter essere entrambe le cose e di poter essere persone diverse in attimi e momenti diversi della nostra vita. Potremmo scoprire di avere dei sentimenti fugaci, delle sensazioni che nella nostra testa appaiono in un modo e nella realtà sono esattamente l’opposto, potremmo scoprire quasi di poter essere smentiti dalla vita e mettere da parte i nostri preconcetti e che una storia “assurda” potrebbe essere una bellissima storia d’amore. Potremmo persino accettare il fatto che le persone entrano nella nostra vita per farci provare sentimenti che hanno una fine e che questo non abbia niente a che vedere col fallimento ma con la naturale metamorfosi della vita, che cambia e che con lei ci fa crescere ed essere sempre cosa nuova. Potremmo persino trovare il nostro modo di respirare la nostra idea di amore romantico senza idealizzarlo, facendo sì che quegli incontri casuali e inaspettati che abbiano bisogno di essere solo immaginati.
Grazia