Migranti LBGTIQ: il libro “Immigrazione e accoglienza” ci parla di protezione internazionale per motivi di orientamento sessuale e identità di genere

Da molti anni il dibattito sulle migrazioni e le richieste di protezione da parte dei migranti è un tema particolarmente sentito. Generalmente I sistemi governativi di molti Paesi limitano la libertà di espressione del singolo, ciò che probabilmente non siamo abituati a considerare è che ciò può riguardare anche l’orientamento sessuale e l’identità di genere. In molti sistemi l’omosessualità viene vista ancora come un “reato”, talvolta una pratica magica, tanto che in ben 76 paesi del mondo l’omosessualità viene considerata illegale e in 5 Paesi (Arabia Saudita, Mauritania, Iran Sudan e Yemen) è punita con la pena di morte. Qualche tempo fa ho avuto il piacere di assistere ad un’interessante presentazione del libro “Orientamento sessuale e identità di genere. Immigrazione e accoglienza” di Carmela Ferrara, laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e attivista LGBTIQ che. Grazie alla sua tesi di laurea, questa giovane professionista ha dato vita a questo libro certamente necessario, soprattutto in un contesto in cui il dibattito sull’omolesbobitransfobia è molto acceso ma che richiede sicuramente ricerche come questa, che ci farebbero avere una visione completa del tema.

Vi sono Paesi in cui esiste una sorta di “omofobia istituzionalizzata” che legittima la criminalizzazione dell’omosessualità per diverse motivazioni. In Algeria, ad esempio, viene difesa l’identità eterosessuale tradizionale “dall’oltraggio” dell’omosessualità, che lede la “pubblica decenza”; in Libia l’omosessualità è vietata oltre che dalla legge, anche dalla società che la definisce “un comportamento immorale”, per questo, molte persone omosessuali si comportano “come eterosessuali”. Carmela Ferrara scrive: “Nessun omosessuale può parlare apertamente del proprio orientamento sessuale e perciò non ci sono statistiche o stime sulla discriminazione contro le minoranze sessuali in Libia”.

In Camerun le persone omosessuali vengono accusate di “stregoneria”. Spesso sono le famiglie stesse, i vicini di casa, i conoscenti a ritenere l’omosessualità come una pratica occulta. Alcuni medici si rifiutano addirittura di curare i pazienti a causa del loro comportamento di genere. Nel libro Carmela Ferrara scrive, infatti: “ I mezzi di comunicazione di massa in Camerun veicolano messaggi contro l’omosessualità, proclamando che si tratti di una pratica satanica responsabile di tutti i mali del Paese.

Per ciò che riguarda la questione delle donne lesbiche, la situazione è, per certi versi, diversa. A causa della loro mancanza di diritti, le donne sono paradossalmente meno esposte al coming out. Considerando il fatto che in molti Paesi alle donne è proibito uscire da sole, le condizioni per poter anche avere degli incontri “clandestini” è ridotta. Per “curare” le donne lesbiche si fa capo allo “stupro correttivo” ed al matrimonio eterosessuale forzato, ciò fa emergere come una donna possa essere domata attraverso l’atto sessuale, che simboleggia il tentativo di predominanza e prevaricazione dell’uomo nei confronti della donna anche in queste circostanze.

A causa delle continue persecuzioni, ogni anno in Europa migliaia di richiedenti asilo LGBT+ presentano domanda di protezione internazionale. “Il progetto “Fleeing Homophobia”, realizzato da Coc Nederland e dall’Università Vrije di Amsterdam nel 2011, ha analizzato le domande di protezione internazionale per orientamento sessuale e identità di genere in Europa, evidenziando un dato importante, ossia che, nell’esame delle richieste di asilo delle persone LGBT+ le autorità nazionali si basano sovente su stereotipi“. Le decisioni si basano, infatti, su preconcetti che ruotano intorno all’identità di genere e l’orientamento sessuale, quasi come se l’omosessualità o l’identità di genere dovesse essere accertata e comprovata, tante volte “messa in evidenza”; ad esempio, una donna lesbica che non ha “atteggiamenti mascolini” o un gay non “effeminato”. Quello che è certo è che ci troviamo di fronte ad una carenza di ricerche accademiche rispetto alla questione dei migranti LGBT+.

Ho ritenuto la lettura di questo libro, così come la presentazione che ho avuto modo di seguire, estremamente illuminante, considerando, appunto, che la nostra conoscenza rispetto alla tematica è assai limitata, sia dal ruolo dei media che dal numero ridotto di ricerche condotte sul tema. Siamo talmente abituati a legare la richiesta di asilo a motivi economici, di guerra, politici che non consideriamo quanto i sistemi coercitivi possano così ferocemente cancellare la libertà in ogni sua forma, anche quella di amare liberamente e senza rischiare, per questo, di essere perseguitati, o addirittura, uccisi.

Grazia

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