Ciò che resta di un anno di volontariato europeo

Carissimi, sono ancora a scrivervi da Nea Moudania, Halkidiki, Grecia, ma non ancora per molto, anzi, probabilmente per l’ultima volta. Il mio periodo di volontariato sta infatti volgendo al termine, e presto dovrò pensare al prossimo passo verso il mio futuro. Fino a quel momento però mi godo le ultime settimane in Grecia, un paese con il quale durante questi dodici mesi ho avuto un vero e proprio rapporto da odi et amo. L’esperienza maturata e il percorso intrapreso sono stati lunghi e profondi, e mi sento cambiata, spero in meglio, grazie a tutto quello che ho vissuto e forse soprattutto dopo le difficoltà affrontate e superate con le mie forze. Vorrei cercare di delineare e descrivere senza troppe banalità che cosa hanno significato per me questi mesi e che cosa mi lascerà per sempre il fatto di essere partita attraverso i corpi europei di solidarietà.

La fine del progetto coincide anche con al scrittura di un documento che attesti le competenze acquisite, una sorta di passaporto delle abilità personali che ognuno di noi possiede ma che è molto difficile inserire in un curriculum. Sono qualcosa che può andare al di là delle cosiddette soft skills, così come non si limitano all’esperienza pratica di lavoro nella propria associazione ospitante all’estero. Il nome che è stato scelto per quello di cui mi appresto a parlare è key competences, e ritengo significativo che vengano ritenute chiave, o al plurale delle chiavi in senso più metaforico per facilitare un’apertura futura e più ampia. Mi sono dunque ritrovata a riflettere su quali e in quale forma io abbia ottenuto queste chiavi per il mio futuro, e la risposta non può essere secca e definitiva, poiché sento che il mio percorso di formazione sia iniziato molto tempo fa e che la mia partecipazione a questo progetto abbia contribuito alla mia crescita personale aggiungendo ogni giorno un tassello al puzzle che sto provando a comporre per arrivare a capire sempre meglio chi sono e cosa voglio.
Nella lista di queste competenze ci sono otto voci, che vanno dalle abilità linguistiche a quelle digitali, matematiche e letterarie, imprenditorialità, senso di cittadinanza, sensibilità culturale ed infine la capacità di relazionarsi e imparare. Va da sé che ogni volontario durante la sua esperienza sviluppi alcune voci in maniera maggiore rispetto ad altre, e questo vale anche per me; tuttavia sento che ciò che ho vissuto mi ha portato una consapevolezza rinnovata nei confronti del mondo che mi circonda.

Per quanto possa sembrare inverosimile, ricordo dei momenti precisi in cui ho percepito il cambiamento e la crescita che stavo attraversando, quando ho visto mutare la mia attitudine verso le situazioni e ho riscoperto una forza che non ricordavo di avere o che forse stavo vedendo per la prima volta in me. Circa a quattro mesi dall’inizio del volontariato ho iniziato a percepire un’ondata di insoddisfazione crescente invadermi, e mi sono trovata sul punto di abbandonare il progetto per dedicarmi ad altro. È stato in quel momento che ho deciso di aprirmi con i responsabili della mia organizzazione, You in Europe, e parlare delle difficoltà che stavo attraversando e delle mie paure e insicurezze. Da quel momento in poi, e con l’aiuto delle persone che mi stavano accanto, sono riuscita giorno dopo giorno a comprendere che se avessi voluto vedere un cambiamento nelle cose che stavo facendo, quello doveva partire innanzitutto da me stessa. Ho sviluppato un’attitudine attiva e propositiva verso tutto quello che mi trovavo di fronte, scacciando la negatività e la voglia di lasciar andare tutto, ma senza abbattermi cercavo soluzioni per ogni problema e alternative pratiche per affrontare ogni sfida che incontravo. Questa forma mentis mi è poi tornata utile durante la quarantena, quando ognuno di noi si è trovato solo con se stesso ad affrontare un periodo particolarissimo del nostro presente.

Ma non solo: ho avuto la possibilità di stimolare la mia creatività e di implementare nuovi progetti e idee, rendendomi conto ancora una volta che il cambiamento e il miglioramento devono partire da me e non posso aspettare che vengano dall’esterno. Questo discorso vale per qualsiasi campo, e certamente mi ha aiutata anche nella gestione dei rapporti interpersonali e in come ho cambiato prospettiva nell’approcciarmi all’altro.
Ne hanno risentito positivamente la mia indipendenza e organizzazione personale, poiché ora mi sento pronta ad affacciarmi al mondo del lavoro non solo con delle competenze pratiche, ma con uno sguardo diverso sia verso gli altri sia nei confronti di me stessa.

Consiglierei quindi di partire per un’esperienza di volontariato europeo? Certamente. Prima di partire mi ripetevo spesso che, anche nel caso le cose si fossero messe male, ne sarei uscita con qualcosa in più, non in meno. E ne sono ancora profondamente convinta: da questi dodici mesi ho solo guadagnato tantissimo, e non solo non ho perso nulla, ma ho trovato una nuova forza che risiedeva dentro di me e aspettava solo il momento giusto per manifestarsi.

Con questo si conclude la mia esperienza a Nea Moudania e la scrittura di questo umile blog, voglio salutarvi con l’augurio di poter sperimentarvi a fondo come io ne ho avuta la possibilità grazie ai progetti ESC, e di ricordarvi sempre che esiste una soluzione per ogni problema, basta avere gli occhi per vederla.

Federica

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